La metodologia Life Cycle Assessment ci insegna come progettare una macchina da caffè sostenibile.

Prodotti in grado di consumare meno energia e soprattutto riciclabili. Da sette anni a questa parte Simonelli Group in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e il cluster Marche Manufacturing ha avviato una serie di ricerche con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale delle macchine da caffè espresso.  Utilizzando la metodologia ‘Life Cycle Assessment’, l’azienda ha creato una mappatura di tutti i componenti della macchina da caffè al fine di calcolare l’impatto ambientale di ciascuno di essi e quindi di individuare un design e nuovi materiali in grado di ridurre l’emissione di CO2 complessiva durante l’intero ciclo di vita del prodotto.

“Secondo uno studio del World Coffee Research – ricorda Mauro Parrini, Chief Operations Officer di Simonelli Group –  risulta che entro il 2050 ci sarà una contrazione di almeno il 50% dell’estensione globale delle terre coltivabili adatte alla coltura della Coffea Arabica a causa degli effetti del ‘climate change’. Se ciò si dovesse verificare ci sarebbero pesantissime ripercussioni sull’intera filiera del caffè, ma soprattutto a soffrirne di più sarebbero i 25 milioni di farmer che vivono grazie alla coltivazione del caffè. Il ‘climate change’ non è altro che una conseguenza del comportamento irresponsabile che noi umani abbiamo avuto fino ad ora nei confronti dell’ecosistema terrestre. Il mondo del caffè non è immune da questa responsabilità poiché tutte le fasi della sua filiera hanno un impatto sul tema ambientale e quindi anche il nostro settore è chiamato a correggere quelle pratiche che non sono eco-sostenibili”.

Su questo fronte Simonelli Group da diversi anni è attiva, avendo sviluppato e lanciato tecnologie che, oltre a migliorare le performance prestazionali delle sue attrezzature, abbattono sensibilmente il loro impatto ambientale. Ciò è frutto di una collaborazione pluriennale avviata con il dipartimento Design Tools & Methods Group dell’Università Politecnica delle Marche e del cluster Marche Manufacturing, un partenariato pubblico privato composto da Università, Istituti di Ricerca ed aziende che collaborano per raccogliere e studiare le esigenze della produzione manifatturiera, sempre più orientate verso una lavorazione automatizzata, efficiente, a basso impatto ambientale e orientata verso l’uomo, obiettivi definiti fondamentali dal cluster nazionale Fabbrica Intelligente.

Come si misura l’impatto ambientale della macchina da caffè espresso?

La misura più ricorrente è il Carbon Footprint che esprime in CO2 equivalente (CO2eq) il totale delle emissioni di gas a effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto. “Per conoscere l’impatto ambientale delle attrezzature di caffè – continua Parrini –  si è fatto ricorso al Life Cycle Assessment (LCA, una metodologia standardizzata (IS= 14040 e 14044) che permette di verificare l’influenza che un prodotto esercita in termini ambientali, nel corso della sua vita; dal momento in cui viene prodotto (considerando anche la realizzazione dei componenti necessari alla sua realizzazione), alla fase d’uso fino a quando viene smaltito.” Il calcolo dell’LCA, pur essendo particolarmente complesso, ha il vantaggio di fornire una misura alquanto precisa ed immediata dell’impronta che ogni prodotto lascia sul nostro ecosistema.

Secondo questo sistema di calcolo ogni macchina, in base ai materiali utilizzati, alla localizzazione delle fasi produttive e del mercato di sbocco, può avere un impatto ambientale più o meno elevato.

I risultati della ricerca: riduzione dell’emissione di CO2 fino al 23% e un forte risparmio di energia

 “Questo tipo di analisi ci ha permesso di avviare nuovi progetti sia dal punto di vista progettuale, con l’individuazione di nuovi biomateriali, che tecnologico – continua Parrini. “Siamo riusciti a ridurre tra il 20 e il 23% l’emissione di CO2 delle nostre macchine da caffè rispetto ai prodotti di riferimento della stessa categoria. Questa percentuale così alta è dovuta anche grazie all’introduzione di nuove tecnologie brevettate che consentono di ridurre anche il consumo energetico. Grazie a questi studi, ad esempio, abbiamo  sviluppato nuove soluzioni tecnologiche capaci di abbattere drasticamente le emissioni di Co2 in fase di produzione ed uso. Ne è un esempio la tecnologia T3, che non ha il solo vantaggio di garantire la stabilità di temperatura e quindi la consistenza in tazza. In realtà la T3 permette di conseguire un notevole risparmio energetico che oscilla dal 30 al 40% rispetto ad una macchina con altra tecnologia. Anche la nuova tecnologia brevettata T.E.R.S. (Temperature Energy Recovery System) contribuisce a ridurre i consumi energetici: essa sfrutta, infatti, l’energia dell’acqua di scarico per pre-riscaldare l’acqua in entrata. Il risultato è un risparmio pari al 8% sul totale consumo della macchina”.


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