Senza una economia più sostenibile si rischia di compromettere irrimediabilmente le condizioni di vita sul nostro delicato pianeta. Qual è l’impatto sull’ambiente di una macchina per caffè espresso? E come una macchina da caffè espresso può ridurre la sua impronta sull’ambiente?
Da alcuni anni gli ingegneri della SimonelliGroup, insieme ai ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche, si sono posti queste due domande per cercare di realizzare macchine da caffè non solo performanti, ma che siano sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Il tema del rispetto ambientale fino a qualche anno fa poco considerato da parte degli operatori del food-service, sta pian piano assumendo sempre maggiore importanza,sia perché il consumatore è sempre più sensibile alle tematiche ambientali e sia perchési è presa coscienza che senza una economia più sostenibile si rischia di compromettere irrimediabilmente le condizioni di vita sul nostro delicato pianeta.
Cerchiamo allora di scoprire come viene valutato l’impatto ambientale di una macchina da caffè espresso per poi comprendere quali soluzioni i progettisti della Simonelli Group hanno messo in piedi per contenere al massimo questi valori.
Una delle misure più comuni per la misurazione dei danni ambientali realizzati da un oggetto vengono espressi in Kg di CO2 equivalenti.
Esso esprime l’impronta che il prodotto rilascia sull’ambiente tenendo conto della sua realizzazione, del suo uso e del suo smaltimento.
Il calcolo di tale misuratore risulta essere particolarmente complesso poiché tiene conto, per ogni materiale che concorre alla produzione dell’oggetto esaminato, dell’energia necessaria alla sua estrazione, alla sua trasformazione, alla sua lavorazione e al trasporto. Tante sono quindi le variabili che concorrono alla sua stima: uno stesso materiale,quale potrebbe essere ad esempio l’alluminio o l’acciaio, presenta indici di Kg di CO2 equivalenti (Kg/CO2eq) diversi a seconda che esso venga estratto e lavorato in un paese con un sistema energetico basato sul carbone o in un paese in cui la produzione di energia elettrica avviene attraverso prevalentemente di risorse rinnovabili.Il calcolo tiene inoltre in considerazione anche la tipologia di processo di lavorazione realizzato per ottenere il materiale nel formato necessario per l’assemblaggio nel prodotto esaminato; nel caso di stampaggio ad esempio avrà un impatto diverso rispetto al caso della lavorazione meccanica.A titolo di esempio proponiamo (vedi tabella pagina accanto) i valori che riguardano alcuni materiali normalmente impiegati per la produzione di macchine da caffè: tali valori sono espressi per unità di massa (1 Kg).
Da essi emerge che, comparando le performance ambientali, in termini di KgCo2eq emessi per Kg di materiale, l’alluminio, con un indice pari a 20, presenta il maggior impatto.Ciò è principalmente dovuto all’ingente quantità di energia necessaria durante il processo di estrazione della materia dai minerali disponibili in natura, quali ad esempio la bauxite. Tra gli altri materiali l’ottone(con un coefficiente di 5,52), il rame (con un coefficiente di 5,47), e l’acciaio inox (con un coefficiente di 4,43) risultano avere impatti circa tripli rispetto all’acciaio al carbonio che ha un coefficiente di 1,85. Per quanto riguarda i materiali polimerici si nota una notevole variabilità degli impatti, dai circa8 kg di Co2eq del PA66 e del PC ai soli 2kg di CO2eq del PP e questo dipende sia dal processo di produzione che dagli elementi chimici presenti nella formulazione del polimero.
I materiali che presentano il minor impatto ambientale sono il vetro, che ha un coefficiente di 1,03, ed il legno che ha lo0,09.
Gli ingegneri, nella progettazione della macchina non possono fermarsi a questa prima informazione, poiché il peso specifico e le caratteristiche fisico-meccaniche dei vari materiali risultano diverse; realizzare uno stesso componente in acciaio inox o in alluminio o in materiale polimerico significa cambiare notevolmente la massa di materiale impiegata. Il peso specifico dei materiali metallici (8,9 kg al dm3 del rame/ottone,o ai 7,8 kg al dm3 degli acciai al carbonio o inox) risulta infatti superiore a quello dell’alluminio(che ha una densità pari a circa 2,7kg al dm3) e ancor di più di quello dei materiali polimerici (intorno ad 1 Kg al dm3).Ciò significa ad esempio che realizzare un componente in un materiale plastico avrà
un peso notevolmente inferiore rispetto allo stesso realizzato in acciaio inox o in ottone.Andando a comparare gli impatti dei vari materiali sull’unità di volume (vedi tabella qui sotto), il grafico assume un andamento diverso. I materiali più pesanti, (rame, ottone,acciaio) vanno quasi a pareggiare gli impatti dell’alluminio, mentre i materiali polimerici risultano avere impatti inferiori per effetto della loro bassa densità.
Ma oltre alla diversa quantità di materiale impiegato e quindi al diverso peso, cambiano anche le prestazioni fisico-meccaniche degli stessi, per cui, laddove occorre garantire una stessa prestazione, vedi ad esempio la capacità di resistenza ad una determinata pressione (i 9bar dell’acqua calda), occorre dimensionare il componente in modo diverso a seconda del materiale impiegato.Il rame ad esempio presenta una capacità di resistenza meccanica inferiore rispetto all’acciaio inox, per cui per poter garantire le stesse proprietà di tenuta col rame occorre utilizzare spessori molto superiori. Per ogni componente in progettazione occorre, inoltre,tener conto anche delle altre proprietà fisiche di ogni singolo materiale; nel caso ad esempio di un componente che deve svolgere una funzione isolante, l’intercambiabilità fra un materiale ed un altro avviene a parità di coefficiente di conduttività.
A rendere ancora più complesso il lavoro degli ingegneri concorre un ulteriore aspetto.A seconda della funzione d’uso del componente, occorre tener conto anche dell’aspetto igienico sanitario e di sicurezza dello stesso. L’uso del vetro ad esempio è sconsigliato in molti casi per la sua elevata fragilità e la conseguente pericolosità in caso di rottura,mentre l’uso del legno è sconsigliato incerti usi per una difficoltà igienica e per la conseguente proliferazione batterica.
Questi aspetti sono importanti nella progettazione delle macchine da caffè in quanto esse sono strumenti per la produzione di bevande che vengono consumate dall’uomo e che quindi debbono garantire al tempo stesso la massima sicurezza igienico-alimentare.Un ulteriore fattore da tenere in considerazione è la possibilità di recupero del materiale a fine ciclo vita del prodotto. Alcuni materiali possono infatti essere recuperati,mentre altri sono difficilmente recuperabili,perché ad esempio sono combinati insieme ad altri materiali per comporre leghe o altro genere di composti che sono difficilmente recuperabili con le attuali tecnologie.
Inoltre, anche laddove non ci siano questo genere di difficoltà tecniche, non tutti i materiali vengono comunque recuperati, per cui solo una parte di quanto potenzialmente recuperabile viene poi effettivamente riciclato, a volte magari perché a fine vita il prodotto viene immesso in una discarica e quindi senza alcun recupero, a volte perché si perde la tracciabilità del prodotto stesso e quindi si ignora dove esso sia finito, a volte perché i costi di recupero risultano superiori al valore commerciale del materiale stesso etc… Tante possono quindi essere le ragioni che ostacolano il recupero integrale dei materiali presenti in una macchina e tali ragioni variano da paese a paese, così come varia da paese a paese la probabilità di recupero dei vari materiali. Ciò significa che una stessa macchina se termina il ciclo vita negli Usa ad esempio, avrà una quantità di materiale recuperato diversa rispetto alla stessa che ha terminato il ciclo vita in Cina, o in Russia o in Europa o in Iraq o in Giappone.
Per poter tener conto anche di questa variabile gli ingegneri ricorrono a delle statistiche internazionali basate su dati storici,che indicano la percentuale media di recupero di ogni tipologia di materiale nelle varie nazioni. Secondo tali statistiche in Italia per esempio viene mediamente recuperato il 70% del rame e dei materiali ferrosi, una percentuale un po’ più contenuta per l’alluminio(intorno al 50%) ed una porzione ancora inferiore (25%) per l’ottone, mentre la parte di recupero dei materiali polimeri ci risulta essere del tutto insignificante.
L’impatto complessivo di ogni materiale impiegato sarà quindi pari alla somma algebrica fra il valore di KgCO2 equivalenti per la sua produzione e la parte recuperabile nel fine vita del prodotto.
Per valutare l’impatto di una macchina da caffè occorrerà sommare l’insieme di tali valori ponderati alla massa di ciascun materiale all’interno del prodotto.
A rendere il lavoro degli ingegneri ancora più complesso sono le performance di efficienza energetica della macchina quando sarà in funzione. Tanto più una macchina presenta consumi di energia inferiori a parità di prestazioni tanto più essa sarà efficiente dal punto di vista ambientale.
Qualsiasi scelta di materiale avrà poi delle ripercussioni sulle prestazioni e sull’efficienza della macchina, per cui gli ingegneri se da un lato debbono abbattere l’impatto ambientale del prodotto, dall’altro debbono garantire le stesse prestazioni di una macchina di pari livello. Almeno ciò per gli ingegneri di Simonelli Group.